IL GIORNO IN CUI DON GALLO MI HA DELUSO

Lo confesso, c’è stato un momento molto preciso in cui don Gallo mi è “calato”, un momento in cui ho smesso di considerarlo un prete coraggioso e anticonformista e ho iniziato a vederlo con altri occhi. E’ stato due anni fa, in occasione dell’anniversario del G8 di Genova. Sentirlo tessere, durante una predica-comizio, l’elogio di Carlo Giuliani, parlarne come di un eroe, vederlo associarsi non ai profeti del noglobal come Zanotelli ma alle sue espressioni più degeneri come Casarini, mi ha fatto salire una rabbia dentro che ancora bolle.

IO C’ERO al G8 di Genova: Ho marciato a mani alzate, con i fucili puntati contro, pronti a sparare i lacrimogeni, ho marciato tra bottiglie di molotov esplose e i black block che cercavano di rovinare quella che poteva essere, doveva essere e voleva essere una manifestazione nonviolenta. Io c’ero, quel giorno a Genova, e me lo ricordo bene il clima che si respirava. Eravamo lì per invocare giustizia ai grandi del mondo, non per aggredire qualcuno, tantomeno le forze dell’ordine. Quello che è successo a Bolzaneto e alla Diaz è una vergogna di Stato, ma non c’entra nulla con Carlo Giuliani.

NOI non c’entravamo nulla con quelli come Giuliani: erano loro i nostri nemici, quelli che volevano rovinare la festa, facendo scattare la violenza. Trasformare una vittima in un eroe è una cosa pericolosissima, soprattutto se la vittima è tutt’altro che innocente. Lo stesso padre di Giuliani, subito dopo la morte, criticò il gesto del figlio, prima di essere risucchiato dal sistema politico che è finito addirittura a candidarlo alle elezioni. E allora sì, che un prete  – un uomo che dovrebbe predicare amore, perdono e nonviolenza – si sia prestato a questo gioco politico sporchissimo e vergognoso, è una cosa che non mi andrà mai giù. Proprio perché io, in certi ideali ci credevo e ci credo veramente. E non perché fa chic.

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